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Fantasia d'Amore : Amore nostalgico
Giacomo PUCCINI (1858-1924)
“Un bel dì vedremo” (dall’opera Madama Butterfly)
La nostalgia è un sentimento nel quale convivono misteriosamente dolcezza e amarezza. A suscitarlo è soprattutto il ricordo di qualche bella esperienza che, vissuta in un momento felice della propria vita, sia ormai definitivamente relegata nel passato. Meglio sarebbe cancellare per sempre dalla memoria ciò che, avendoci un tempo dato gioia, siamo certi non possa più ritornare; ma l’essere umano è una strana creatura: pur di non rinunciare a qualcosa che profondamente desidera, è disposto ad illudersi di potersi avvicinare a quel “qualcosa”, se non nella concretezza della realtà, almeno per effetto dei moti e delle immagini del pensiero. La nostalgia è proprio questo.
Il ricordo di un grande amore perduto genera nostalgia mista a speranza. La mente ritorna alla felicità di un tempo e, non riuscendo ad adattarsi all’idea di averla per sempre perduta, in parte cerca di convincersi di poterla ritrovare, in parte si contenta di riviverla chiedendo aiuto al potere evocativo della memoria.
Madama Butterfly, la “tragedia giapponese” che Giacomo Puccini compose nel 1903 e presentò al pubblico della Scala di Milano agli inizi dell’anno seguente, è una storia d’amore dominata dai sentimenti appena descritti. Cio-cio-san è una giovane geisha che si innamora di un ufficiale di marina statunitense, Pinkerton. Questi, ricambiandone la passione, non esita a unirsi con lei in matrimonio, ma è subito costretto per ragioni di servizio a far vela verso l’America. Per consolare la sposina, le prospetta un breve periodo di lontananza dal Giappone. In realtà si ripresenta tre anni più tardi e con una nuova moglie: americana. Cio-cio-san, che nel frattempo è divenuta madre di un bambino il cui padre è l’uomo che ancora ama appassionatamente e nel cui ritorno mai aveva smesso di sperare, sconvolta dall’angoscia si infligge il cruento rituale giapponese del harakiri.
La straziante ingenuità del personaggio di Cio-cio-san, soprannominata “Butterfly” (in inglese: farfalla) da Pinkerton, è espressa a tutto tondo all’inizio del secondo atto dell’opera, laddove la sua voce intona una romanza piena di dolce nostalgia e di speranza, purtroppo vana, nel ritorno dell’amato:
La nostalgia è un sentimento nel quale convivono misteriosamente dolcezza e amarezza. A suscitarlo è soprattutto il ricordo di qualche bella esperienza che, vissuta in un momento felice della propria vita, sia ormai definitivamente relegata nel passato. Meglio sarebbe cancellare per sempre dalla memoria ciò che, avendoci un tempo dato gioia, siamo certi non possa più ritornare; ma l’essere umano è una strana creatura: pur di non rinunciare a qualcosa che profondamente desidera, è disposto ad illudersi di potersi avvicinare a quel “qualcosa”, se non nella concretezza della realtà, almeno per effetto dei moti e delle immagini del pensiero. La nostalgia è proprio questo.
Il ricordo di un grande amore perduto genera nostalgia mista a speranza. La mente ritorna alla felicità di un tempo e, non riuscendo ad adattarsi all’idea di averla per sempre perduta, in parte cerca di convincersi di poterla ritrovare, in parte si contenta di riviverla chiedendo aiuto al potere evocativo della memoria.
Madama Butterfly, la “tragedia giapponese” che Giacomo Puccini compose nel 1903 e presentò al pubblico della Scala di Milano agli inizi dell’anno seguente, è una storia d’amore dominata dai sentimenti appena descritti. Cio-cio-san è una giovane geisha che si innamora di un ufficiale di marina statunitense, Pinkerton. Questi, ricambiandone la passione, non esita a unirsi con lei in matrimonio, ma è subito costretto per ragioni di servizio a far vela verso l’America. Per consolare la sposina, le prospetta un breve periodo di lontananza dal Giappone. In realtà si ripresenta tre anni più tardi e con una nuova moglie: americana. Cio-cio-san, che nel frattempo è divenuta madre di un bambino il cui padre è l’uomo che ancora ama appassionatamente e nel cui ritorno mai aveva smesso di sperare, sconvolta dall’angoscia si infligge il cruento rituale giapponese del harakiri.
La straziante ingenuità del personaggio di Cio-cio-san, soprannominata “Butterfly” (in inglese: farfalla) da Pinkerton, è espressa a tutto tondo all’inizio del secondo atto dell’opera, laddove la sua voce intona una romanza piena di dolce nostalgia e di speranza, purtroppo vana, nel ritorno dell’amato:
Un bel dì vedremo
levarsi un fil di fumo sull’estremo
confin del mare.
E poi la nave appare…
Verità d'Amore: Kamila e Leoš
un amore inatteso
Leoš JANAČEK (1854-1928)
Moderato dal Quartetto “Lettere intime”, per archi
Il compositore moravo Leoš Janaček, una delle più singolari figure dell’arte musicale del Novecento, non condusse una vita avventurosa come molti dei maestri che abbiamo fino ad ora passato in rassegna. Come musicista, per l’originalità del suo modo di combinare ritmi e melodie, fu spesso guardato con diffidenza da tanti colleghi importanti che avrebbero potuto aiutarlo ad farsi conoscere. Come uomo, ebbe in sorte una vita non particolarmente entusiasmante. Nel 1881 si unì in matrimonio con una giovane di sedici anni non ancora compiuti, che si sarebbe rivelata una moglie molto paziente, ma solo di rado capace di entrare in piena sintonia con il carattere bizzarro del consorte. La coppia ebbe un paio di figli, la prima dei quali, Olga, morta a ventuno anni, portò spesso Janaček a pensare alla vita familiare come ad una condizione di illusoria felicità (idea che espresse chiaramente in alcuni suoi lavori teatrali). Fu forse a causa di questa sua visione poco ottimistica dell’esistenza che, arrivato alla venerabile età di sessantatré anni, sentì il bisogno di consolarsi tornando a nutrire aspirazioni amorose.
Era il 1917 e, mentre trascorreva un periodo di riposo in una stazione termale, l’anziano musicista conobbe la venticinquenne Kamila Stösslová. Fra i due nacque un’intesa profonda che il maestro non tardò a scaldare con appassionate lettere d’amore. Kamila, donna semplice e regolarmente sposata, a quanto pare si limitò ad accogliere la corte di Janaček senza respingerla, lusingata dal fatto che un artista, anche se ancora poco famoso in quegli anni, potesse interessarsi alla sua persona. Certo è che il legame, fosse pure sentimentalmente a senso unico, non mancò di sortire un interessante effetto artistico.
Nel 1928, l’anno in cui morì, il settantaquattrenne musicista compose il suo secondo Quartetto d’archi pensando all’amata Kamila e lo intitolò “Lettere intime”, evidentemente ripensando al torrentello d’inchiostro indirizzato in dieci anni alla assai più giovane donna. Il terzo movimento del quartetto, un tempo Moderato, inizia su un curioso ritmo cullante di ninna-nanna. Come decifrarne il significato? È l’ardente Leoš che sogna di poter avere un figlio dall’amata Kamila o è il vecchio Leoš che ripensa nostalgicamente alla propria infanzia perduta? Forse entrambe le cose insieme, combinate in quell’indecifrabile sensazione di amara dolcezza che prende il nome di malinconia e che, quasi del tutto sconosciuta ai giovani, è tanto familiare a chi abbia raggiunto la cosiddetta “terza età”.
La storia d’amore tra il grande operista tedesco Richard Wagner e Cosima Liszt nacque sulla base di un doppio tradimento. Nei non facili anni dei suoi crescenti successi come autore di melodrammi in lingua tedesca, Wagner aveva goduto della attiva collaborazione di un grande direttore d’orchestra, Hans von Bülow, che non aveva mancato di appoggiare con coraggio, entusiasmo e convinzione le rivoluzionarie scelte musicali dell’amico. Von Bülow aveva una moglie; si chiamava Cosima ed era figlia di Franz Liszt, pianista e compositore di fama internazionale. Wagner se ne innamorò, la indusse a divorziare da colui che tanto l’aveva sostenuto e decise di metter su famiglia con lei. I due si unirono in matrimonio nel 1868 e non è difficile immaginare quanto debba essere uscito malconcio il cuore del povero von Bülow da una simile esperienza: tradito dalla consorte e tradito da un amico, la cui causa artistica non aveva mai smesso di sostenere e la cui genialità aveva ammirato incondizionatamente fin dal suo primo manifestarsi.
Su questa storia non proprio esemplare si potrebbe emettere un giudizio severo. Ma noi ci limiteremo qui a considerarne un un momento tardivo, collocato in tempi in cui tutto doveva essere ormai andato, giocoforza, normalizzandosi.
Il 25 dicembre 1870, nel giorno del trentresimo compleanno della moglie, Wagner organizzò, dirigendola personalmente sulle scale della propria villa di Triebschen, l’esecuzione di un pezzo per piccola orchestra appositamente composto per l’occasione. Il titolo del brano, Idillio di Sigfrido, allude al piccolo Sigfried che Cosima aveva dato alla luce l’anno prima, ma non può non far pensare al più celebre degli eroi leggendari portati sulla scena dal maestro nelle sue grandiose opere ispirate all’antica mitologia germanica.
Danilo Faravelli Fantasie d'Amore Giacomo Puccini Leoš JANAČEK Lettere intime Love Madama Butterfly Verità d'Amore