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Fantasia d'Amore : Amore incostante
Wolfgang Amadeus MOZART (1756-1791)
Madamina, il catalogo è questo” (dall’opera Don Giovanni)
Quando si sente dire di qualcuno che è un “dongiovanni”, un “casanova” o uno “sciupafemmine”, il significato di simili appellativi non lascia dubbi. Il giovane o l’uomo che viene definito in quel modo è un tipo che, anziché preoccuparsi di cercare la compagna giusta con cui costruire (o almeno tentare di costruire) una felice vita di coppia, preferisce fare collezione di conquiste amorose; è un soggetto maschile che, sapendo di poter contare sul proprio fascino, sente il bisogno di verificarne l’efficacia nei più svariati luoghi e occasioni.
Soffermiamoci sul primo dei tre appellativi: “dongiovanni”. L’espressione deriva dal nome di una figura letteraria divenuta celebre, soprattutto in ambito teatrale, nella cultura europea dei secoli XVII e XVIII. Fu il commediografo spagnolo Tirso del Molina (c.1583-1648) a scrivere il primo grande Don Giovanni da palcoscenico nel 1625, seguito dal francese Molière (pseudonimo di Jean Baptiste Poquelin, 1622-1673) quarant’anni più tardi; ma il più memorabile risultato raggiunto sullo stesso soggetto in ambito drammatico-rappresentativo è quello che porta le firme del librettista Lorenzo Da Ponte e del compositore Wolfgang Amadeus Mozart. Il loro Don Giovanni fu messo in scena a Praga nel 1787 e ottenne un tale successo da lasciare un segno incancellabile nella storia della cultura di quella splendida città.
L’opera tratta delle malefatte di un gentiluomo spagnolo – Don Giovanni, appunto – il quale, nella sua instancabile ricerca di sempre nuove emozioni amorose, finisce per trovarsi nel bel mezzo di un pasticcio che non riesce a risolvere altrimenti che commettendo un omicidio. La vicenda si concluderà con l’apparizione in scena, sotto forma di statua, dello spettro dell’uomo ucciso. Dalla marmorea mano di questo gelido giustiziere, Don Giovanni sarà spedito tra le fiamme dell’inferno.
Questo capolavoro di Mozart è un dramma giocoso, un particolare genere di spettacolo musicale, in parte tragico e in parte comico, molto amato dal pubblico di fine Settecento. Uno dei suoi momenti più divertenti è rappresentato dal maldestro tentativo che Leporello, servo di Don Giovanni, compie per consolare una dama di Burgos, Donna Elvira, sedotta e abbandonata dal suo padrone. Al fine di placarne la più che giustificata collera, egli non trova di meglio che cantarle l’elenco dello sterminato numero di femmine da lui amate:
Quando si sente dire di qualcuno che è un “dongiovanni”, un “casanova” o uno “sciupafemmine”, il significato di simili appellativi non lascia dubbi. Il giovane o l’uomo che viene definito in quel modo è un tipo che, anziché preoccuparsi di cercare la compagna giusta con cui costruire (o almeno tentare di costruire) una felice vita di coppia, preferisce fare collezione di conquiste amorose; è un soggetto maschile che, sapendo di poter contare sul proprio fascino, sente il bisogno di verificarne l’efficacia nei più svariati luoghi e occasioni.
Soffermiamoci sul primo dei tre appellativi: “dongiovanni”. L’espressione deriva dal nome di una figura letteraria divenuta celebre, soprattutto in ambito teatrale, nella cultura europea dei secoli XVII e XVIII. Fu il commediografo spagnolo Tirso del Molina (c.1583-1648) a scrivere il primo grande Don Giovanni da palcoscenico nel 1625, seguito dal francese Molière (pseudonimo di Jean Baptiste Poquelin, 1622-1673) quarant’anni più tardi; ma il più memorabile risultato raggiunto sullo stesso soggetto in ambito drammatico-rappresentativo è quello che porta le firme del librettista Lorenzo Da Ponte e del compositore Wolfgang Amadeus Mozart. Il loro Don Giovanni fu messo in scena a Praga nel 1787 e ottenne un tale successo da lasciare un segno incancellabile nella storia della cultura di quella splendida città.
L’opera tratta delle malefatte di un gentiluomo spagnolo – Don Giovanni, appunto – il quale, nella sua instancabile ricerca di sempre nuove emozioni amorose, finisce per trovarsi nel bel mezzo di un pasticcio che non riesce a risolvere altrimenti che commettendo un omicidio. La vicenda si concluderà con l’apparizione in scena, sotto forma di statua, dello spettro dell’uomo ucciso. Dalla marmorea mano di questo gelido giustiziere, Don Giovanni sarà spedito tra le fiamme dell’inferno.
Questo capolavoro di Mozart è un dramma giocoso, un particolare genere di spettacolo musicale, in parte tragico e in parte comico, molto amato dal pubblico di fine Settecento. Uno dei suoi momenti più divertenti è rappresentato dal maldestro tentativo che Leporello, servo di Don Giovanni, compie per consolare una dama di Burgos, Donna Elvira, sedotta e abbandonata dal suo padrone. Al fine di placarne la più che giustificata collera, egli non trova di meglio che cantarle l’elenco dello sterminato numero di femmine da lui amate:
Madamina, il catalogo è questo.
Delle belle che amò il padron mio
un catalogo egli è che ho fatt’io.
Osservate, leggete con me.
Verità d'Amore: Clara e Robert
un amore romantico
Robert SCHUMANN (1810-1856)
Allegro affettuoso dal Concerto Op. 54, per pianoforte e orchestra
Robert Schumann, il più grande musicista tedesco della generazione seguente a quella di Beethoven, fu un eroe romantico nella vita non meno che nell’arte. Lo dimostra il modo appassionato in cui nutrì e infine realizzò l’ideale di un amore che si sarebbe rivelato pressoché perfetto, “da manuale”, se la crudele impazienza della morte non ne avesse precocemente stroncato lo svolgersi; del resto, a renderlo quant’altri mai prezioso era stata la serie infinita di ostacoli opposta al raggiungimento del traguardo. Tra Robert e Clara Wieck (1819-1896), anch’ella musicista di straordinario talento e di grande finezza, era sbocciata una tenerissima passione attorno al 1835, dopo che il giovane compositore aveva preso a frequentare lezioni di perfezionamento pianistico dal genitore di lei, Friedrich Wieck. Al manifestarsi del sentimento d’amore, seguirono quasi immediatamente progetti matrimoniali, ma altrettanto immediatamente il padre di lei mise in campo tutta la propria autorità perché quelle nozze non “s’avessero a celebrare”: non aveva nessuna intenzione di prendersi in casa un genero senza sicure prospettive professionali, sul quale gravava perdipiù il sospetto di una possibile instabilità mentale (e la previsione sarebbe stata poi purtroppo confermata dai fatti, visto che Schumann morì pazzo a soli quarantasei anni). Ci furono scenate, alterchi, minacce di azioni legali e la cosa finì effettivamente in tribunale. Alla fine, però, i due innamorati la spuntarono e poterono coronare il loro sogno d’amore. Si unirono in matrimonio il 12 settembre 1840 a Lipsia e la loro sarebbe stata una felicissima vita di coppia se i soprassalti sempre più frequenti della follia non avessero spinto Robert a tentare il suicidio nel 1854, gettandosi nelle gelide acque invernali del fiume Reno.
Robert Schumann, il più grande musicista tedesco della generazione seguente a quella di Beethoven, fu un eroe romantico nella vita non meno che nell’arte. Lo dimostra il modo appassionato in cui nutrì e infine realizzò l’ideale di un amore che si sarebbe rivelato pressoché perfetto, “da manuale”, se la crudele impazienza della morte non ne avesse precocemente stroncato lo svolgersi; del resto, a renderlo quant’altri mai prezioso era stata la serie infinita di ostacoli opposta al raggiungimento del traguardo. Tra Robert e Clara Wieck (1819-1896), anch’ella musicista di straordinario talento e di grande finezza, era sbocciata una tenerissima passione attorno al 1835, dopo che il giovane compositore aveva preso a frequentare lezioni di perfezionamento pianistico dal genitore di lei, Friedrich Wieck. Al manifestarsi del sentimento d’amore, seguirono quasi immediatamente progetti matrimoniali, ma altrettanto immediatamente il padre di lei mise in campo tutta la propria autorità perché quelle nozze non “s’avessero a celebrare”: non aveva nessuna intenzione di prendersi in casa un genero senza sicure prospettive professionali, sul quale gravava perdipiù il sospetto di una possibile instabilità mentale (e la previsione sarebbe stata poi purtroppo confermata dai fatti, visto che Schumann morì pazzo a soli quarantasei anni). Ci furono scenate, alterchi, minacce di azioni legali e la cosa finì effettivamente in tribunale. Alla fine, però, i due innamorati la spuntarono e poterono coronare il loro sogno d’amore. Si unirono in matrimonio il 12 settembre 1840 a Lipsia e la loro sarebbe stata una felicissima vita di coppia se i soprassalti sempre più frequenti della follia non avessero spinto Robert a tentare il suicidio nel 1854, gettandosi nelle gelide acque invernali del fiume Reno.
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