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Fantasia d'Amore : Amore eroico
Vincenzo BELLINI (1801-1835)
“In mia mano alfin tu sei” (dall’opera Norma)
Tra i fatti di cronaca narrati sulle pagine dei giornali, capita spesso di leggere di qualche giovane che, uscito da una discoteca o da un qualsiasi altro luogo di divertimento, sia stato massacrato di botte per avere difeso la rispettabilità della propria ragazza infastidita da un gruppo di mascalzoni. Situazioni come queste si verificano perché l’amore è un sentimento così prezioso e irrinunciabile per chi davvero lo prova, da spingere allo spregio del pericolo, quando lo si veda insidiato da qualche minaccia esterna. Fino a qualche decennio fa, soprattutto in alcune zone dell’Italia meridionale, era prassi consueta che coppie di innamorati, il cui legame fosse contrastato dalle famiglie, preferissero affrontare tutte le difficoltà derivanti dal fuggire insieme, piuttosto che dirsi addio.
In taluni casi, la forza dell’amore può spingere addirittura al limite estremo della rinuncia a vivere. Il gesto di un padre che anneghi dopo essersi tuffato in mare per salvare un figlio in balia delle onde è forse più frequente di quello del giovane che si comporti allo stesso modo per strappare alla morte la propria fidanzata; ma per entrambe le situazioni si può parlare di una bella prova di eroismo senza correre il rischio di essere definiti esagerati.
Un commovente esempio di amore spinto fino ai limiti estremi dell’eroismo si trova nell’opera Norma di Vincenzo Bellini, una tragedia lirica composta nel 1831, le cui prime rappresentazioni ebbero luogo al Teatro alla Scala di Milano. Nei suoi due atti si narra di Norma, sacerdotessa druidica del tempio di Irminsul, che, venendo meno ai propri obblighi religiosi, ha stretto un legame d’amore con il proconsole romano Pollione. Questi non è soltanto il padre dei due figli che ella è costretta a tenere ben nascosti per evitare l’accusa di sacrilegio, ma è perdipiù un condottiero del popolo con cui i Druidi sono in guerra. Scoperta la tresca, Norma viene condannata a morte e Pollione, dapprima tentennante perché attratto anche da Adalgisa, una “novizia” del tempio di Irminsul, opta per la più nobile delle soluzioni. Sceglie di salire sul rogo con la madre dei propri figli per poter espiare al suo fianco tutte le colpe di cui lei s’è macchiata per amor suo.
Il finale della tragedia prende avvio da un duetto assai commovente nel quale Norma chiede a Pollione di rinunciare alle proprie mire su Adalgisa e di esserle fedele fino alla morte:
Tra i fatti di cronaca narrati sulle pagine dei giornali, capita spesso di leggere di qualche giovane che, uscito da una discoteca o da un qualsiasi altro luogo di divertimento, sia stato massacrato di botte per avere difeso la rispettabilità della propria ragazza infastidita da un gruppo di mascalzoni. Situazioni come queste si verificano perché l’amore è un sentimento così prezioso e irrinunciabile per chi davvero lo prova, da spingere allo spregio del pericolo, quando lo si veda insidiato da qualche minaccia esterna. Fino a qualche decennio fa, soprattutto in alcune zone dell’Italia meridionale, era prassi consueta che coppie di innamorati, il cui legame fosse contrastato dalle famiglie, preferissero affrontare tutte le difficoltà derivanti dal fuggire insieme, piuttosto che dirsi addio.
In taluni casi, la forza dell’amore può spingere addirittura al limite estremo della rinuncia a vivere. Il gesto di un padre che anneghi dopo essersi tuffato in mare per salvare un figlio in balia delle onde è forse più frequente di quello del giovane che si comporti allo stesso modo per strappare alla morte la propria fidanzata; ma per entrambe le situazioni si può parlare di una bella prova di eroismo senza correre il rischio di essere definiti esagerati.
Un commovente esempio di amore spinto fino ai limiti estremi dell’eroismo si trova nell’opera Norma di Vincenzo Bellini, una tragedia lirica composta nel 1831, le cui prime rappresentazioni ebbero luogo al Teatro alla Scala di Milano. Nei suoi due atti si narra di Norma, sacerdotessa druidica del tempio di Irminsul, che, venendo meno ai propri obblighi religiosi, ha stretto un legame d’amore con il proconsole romano Pollione. Questi non è soltanto il padre dei due figli che ella è costretta a tenere ben nascosti per evitare l’accusa di sacrilegio, ma è perdipiù un condottiero del popolo con cui i Druidi sono in guerra. Scoperta la tresca, Norma viene condannata a morte e Pollione, dapprima tentennante perché attratto anche da Adalgisa, una “novizia” del tempio di Irminsul, opta per la più nobile delle soluzioni. Sceglie di salire sul rogo con la madre dei propri figli per poter espiare al suo fianco tutte le colpe di cui lei s’è macchiata per amor suo.
Il finale della tragedia prende avvio da un duetto assai commovente nel quale Norma chiede a Pollione di rinunciare alle proprie mire su Adalgisa e di esserle fedele fino alla morte:
In mia mano alfin tu sei;
niun potrìa spezzar tuoi nodi.
Verità d'Amore: Cosima e RIchard
un amore "coniugale"
Richard WAGNER (1813-1883)
Idillio di Sigfrido, per orchestra
La storia d’amore tra il grande operista tedesco Richard Wagner e Cosima Liszt nacque sulla base di un doppio tradimento. Nei non facili anni dei suoi crescenti successi come autore di melodrammi in lingua tedesca, Wagner aveva goduto della attiva collaborazione di un grande direttore d’orchestra, Hans von Bülow, che non aveva mancato di appoggiare con coraggio, entusiasmo e convinzione le rivoluzionarie scelte musicali dell’amico. Von Bülow aveva una moglie; si chiamava Cosima ed era figlia di Franz Liszt, pianista e compositore di fama internazionale. Wagner se ne innamorò, la indusse a divorziare da colui che tanto l’aveva sostenuto e decise di metter su famiglia con lei. I due si unirono in matrimonio nel 1868 e non è difficile immaginare quanto debba essere uscito malconcio il cuore del povero von Bülow da una simile esperienza: tradito dalla consorte e tradito da un amico, la cui causa artistica non aveva mai smesso di sostenere e la cui genialità aveva ammirato incondizionatamente fin dal suo primo manifestarsi.
Su questa storia non proprio esemplare si potrebbe emettere un giudizio severo. Ma noi ci limiteremo qui a considerarne un un momento tardivo, collocato in tempi in cui tutto doveva essere ormai andato, giocoforza, normalizzandosi.
Il 25 dicembre 1870, nel giorno del trentresimo compleanno della moglie, Wagner organizzò, dirigendola personalmente sulle scale della propria villa di Triebschen, l’esecuzione di un pezzo per piccola orchestra appositamente composto per l’occasione. Il titolo del brano, Idillio di Sigfrido, allude al piccolo Sigfried che Cosima aveva dato alla luce l’anno prima, ma non può non far pensare al più celebre degli eroi leggendari portati sulla scena dal maestro nelle sue grandiose opere ispirate all’antica mitologia germanica.
La storia d’amore tra il grande operista tedesco Richard Wagner e Cosima Liszt nacque sulla base di un doppio tradimento. Nei non facili anni dei suoi crescenti successi come autore di melodrammi in lingua tedesca, Wagner aveva goduto della attiva collaborazione di un grande direttore d’orchestra, Hans von Bülow, che non aveva mancato di appoggiare con coraggio, entusiasmo e convinzione le rivoluzionarie scelte musicali dell’amico. Von Bülow aveva una moglie; si chiamava Cosima ed era figlia di Franz Liszt, pianista e compositore di fama internazionale. Wagner se ne innamorò, la indusse a divorziare da colui che tanto l’aveva sostenuto e decise di metter su famiglia con lei. I due si unirono in matrimonio nel 1868 e non è difficile immaginare quanto debba essere uscito malconcio il cuore del povero von Bülow da una simile esperienza: tradito dalla consorte e tradito da un amico, la cui causa artistica non aveva mai smesso di sostenere e la cui genialità aveva ammirato incondizionatamente fin dal suo primo manifestarsi.
Su questa storia non proprio esemplare si potrebbe emettere un giudizio severo. Ma noi ci limiteremo qui a considerarne un un momento tardivo, collocato in tempi in cui tutto doveva essere ormai andato, giocoforza, normalizzandosi.
Il 25 dicembre 1870, nel giorno del trentresimo compleanno della moglie, Wagner organizzò, dirigendola personalmente sulle scale della propria villa di Triebschen, l’esecuzione di un pezzo per piccola orchestra appositamente composto per l’occasione. Il titolo del brano, Idillio di Sigfrido, allude al piccolo Sigfried che Cosima aveva dato alla luce l’anno prima, ma non può non far pensare al più celebre degli eroi leggendari portati sulla scena dal maestro nelle sue grandiose opere ispirate all’antica mitologia germanica.
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