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Fantasia d'Amore : Amore che salva
Giuseppe VERDI (1813-1901)
“Parigi, o cara, noi lasceremo” (dall’opera Traviata)
L’uomo ha bisogno di benessere fisico, ma anche di benessere psichico (o, se si preferisce, “spirituale”). In questo senso, il sentimento dell’amore può funzionare come una vera e propria medicina. Sono molte le persone che, innamorandosi, diventano più socievoli, più generose, più leali e più ottimiste. In taluni casi l’amore migliora nel profondo, radicalmente. E’ quanto accade, per esempio, nella vicenda umana raccontata da Giuseppe Verdi in una delle sue più celebri opere liriche, La Traviata.
Rappresentata per la prima volta a Venezia nel 1853, La traviata non incontrò un successo immediato. Il pubblico di allora giudicava infatti scandaloso il suo contenuto, nonostante la nobiltà del messaggio morale ad esso sotteso. Tratta da La dama delle camelie, romanzo di Alexandre Dumas figlio, l’opera mette in scena un soggetto ispirato a fatti realmente accaduti. Violetta Valery è una prostituta (una traviata, appunto) che si muove con grande disinvoltura negli ambienti dell’alta società parigina. Cambia amanti in continuazione e sono uomini del suo stampo: gente frivola, superficiale, dedita alla bella vita; ma è proprio nel corso di un ricevimento offerto ai più brillanti frequentatori del suo salotto che incontra un giovane diverso da tutti gli altri. Il suo nome è Alfredo Germont: è gentile, sensibile e appassionato, e di lui si innamora perdutamente. Violetta, sperimentando per la prima volta un sentimento d’amore puro, vorrebbe indirizzare la propria esistenza verso nuovi traguardi: il matrimonio, la famiglia, il calore dell’intimità domestica… traguardi in precedenza mai perseguiti dal suo spirito gaudente e libertino. Ma è troppo tardi. Una grave malattia, la tubercolosi, sta minando il suo corpo ancora giovane e attraente, e non le rimane che poco tempo da vivere. Nonostante ciò e nonostante l’ostilità del padre di Alfredo, che vorrebbe allontanare il figlio da una fidanzata tanto compromettente per il buon nome dei Germont, Violetta riesce a coronare il proprio sogno d’amore almeno in parte, morendo fra le braccia di Alfredo.
Uno dei momenti più toccanti dell’opera unisce i due innamorati in un commovente duetto. Intrecciando le loro voci, Violetta ed Alfredo pregustano il momento in cui, lasciata la vanità e la confusione della vita parigina, potranno concedersi l’intima tranquillità di una vita di coppia finalmente degna di tale nome:
L’uomo ha bisogno di benessere fisico, ma anche di benessere psichico (o, se si preferisce, “spirituale”). In questo senso, il sentimento dell’amore può funzionare come una vera e propria medicina. Sono molte le persone che, innamorandosi, diventano più socievoli, più generose, più leali e più ottimiste. In taluni casi l’amore migliora nel profondo, radicalmente. E’ quanto accade, per esempio, nella vicenda umana raccontata da Giuseppe Verdi in una delle sue più celebri opere liriche, La Traviata.
Rappresentata per la prima volta a Venezia nel 1853, La traviata non incontrò un successo immediato. Il pubblico di allora giudicava infatti scandaloso il suo contenuto, nonostante la nobiltà del messaggio morale ad esso sotteso. Tratta da La dama delle camelie, romanzo di Alexandre Dumas figlio, l’opera mette in scena un soggetto ispirato a fatti realmente accaduti. Violetta Valery è una prostituta (una traviata, appunto) che si muove con grande disinvoltura negli ambienti dell’alta società parigina. Cambia amanti in continuazione e sono uomini del suo stampo: gente frivola, superficiale, dedita alla bella vita; ma è proprio nel corso di un ricevimento offerto ai più brillanti frequentatori del suo salotto che incontra un giovane diverso da tutti gli altri. Il suo nome è Alfredo Germont: è gentile, sensibile e appassionato, e di lui si innamora perdutamente. Violetta, sperimentando per la prima volta un sentimento d’amore puro, vorrebbe indirizzare la propria esistenza verso nuovi traguardi: il matrimonio, la famiglia, il calore dell’intimità domestica… traguardi in precedenza mai perseguiti dal suo spirito gaudente e libertino. Ma è troppo tardi. Una grave malattia, la tubercolosi, sta minando il suo corpo ancora giovane e attraente, e non le rimane che poco tempo da vivere. Nonostante ciò e nonostante l’ostilità del padre di Alfredo, che vorrebbe allontanare il figlio da una fidanzata tanto compromettente per il buon nome dei Germont, Violetta riesce a coronare il proprio sogno d’amore almeno in parte, morendo fra le braccia di Alfredo.
Uno dei momenti più toccanti dell’opera unisce i due innamorati in un commovente duetto. Intrecciando le loro voci, Violetta ed Alfredo pregustano il momento in cui, lasciata la vanità e la confusione della vita parigina, potranno concedersi l’intima tranquillità di una vita di coppia finalmente degna di tale nome:
Parigi, o cara, noi lasceremo,
la vita uniti trascorreremo…
Verità d'Amore: Konstancja e Fryderyk
un amore sfortunato
Fryderyk CHOPIN (1810-1849)
Larghetto dal Concerto Op. 21, per pianoforte e orchestra
Fryderyk Chopin, uno dei massimi esponenti del Romanticismo musicale, ebbe una giovinezza per certi versi simile a quella di Mozart. A sette anni aveva già pubblicato la sua prima composizione e a Varsavia, la capitale della terra in cui aveva visto la luce, erano in molti a scommettere sulle sue future fortune artistiche. Suonava il pianoforte in modo mirabilmente espressivo e possedeva uno speciale talento nell’inventare combinazioni sonore commoventi, originali e piene di misterioso fascino. Aveva vent’anni allorché, forte dello straordinario talento maturato in patria, decise di partire alla conquista dei centri vitali della musica europea: Vienna, Parigi, Londra… Si sapeva che, in quelle grandi città, il pubblico accorreva in massa, entusiasta, ad ascoltare ogni nuovo campione dell’arte compositiva e interpretativa. Così, il 2 novembre 1830, montato in diligenza, si lasciò per sempre alle spalle l’amata Polonia. Per sempre, sì: inizialmente, in cuor suo aveva pensato ad una tournée della durata di uno o due anni, come si usava in quei tempi; ma una serie di cause importanti (prima fra tutte l’invasione militare russa sofferta dalla sua terra d’origine e in secondo luogo l’enorme successo di pubblico riscosso in Francia) fecero sì che Parigi diventasse la sua seconda e definitiva patria. Vi diede concerti, vi compose e pubblicò musica meravigliosa e infine vi morì, a soli trentanove anni, stroncato dalla tubercolosi.
A Varsavia, città nella quale si riprometteva di fare ritorno una volta concluso il proprio viaggio artistico, Chopin aveva lasciato il suo primo grande amore. Si chiamava Konstancja Gładkowska ed era una allieva di canto lirico con cui aveva frequentato per qualche tempo il Conservatorio. Dirigendosi verso le capitali dell’Europa occidentale, Fryderyk era ben lungi dal poter immaginare che non avrebbe più rivisto l’amata compagna di scuola; in ogni caso, per tenere vivo nel cuore il ricordo di lei durante i mesi di lontananza dal paese natìo, decise di immortalarla fra le pagine di una delle musiche con le quali si sarebbe fatto onore nelle sale da concerto che lo attendevano. Una delle composizioni con cui conquistò Parigi è infatti il Concerto Op. 21 per pianoforte e orchestra, creato a Varsavia nel 1829 e proposto in prima esecuzione al pubblico polacco. Il secondo movimento (Larghetto) di questo capolavoro strumentale, per dichiarazione dello stesso Chopin, che ne scrisse in una lettera ad un amico, è l’evocazione delle virtù canore di Konstancja, nonché dell’appassionato sentimento d’amore provato per lei.
Fryderyk Chopin, uno dei massimi esponenti del Romanticismo musicale, ebbe una giovinezza per certi versi simile a quella di Mozart. A sette anni aveva già pubblicato la sua prima composizione e a Varsavia, la capitale della terra in cui aveva visto la luce, erano in molti a scommettere sulle sue future fortune artistiche. Suonava il pianoforte in modo mirabilmente espressivo e possedeva uno speciale talento nell’inventare combinazioni sonore commoventi, originali e piene di misterioso fascino. Aveva vent’anni allorché, forte dello straordinario talento maturato in patria, decise di partire alla conquista dei centri vitali della musica europea: Vienna, Parigi, Londra… Si sapeva che, in quelle grandi città, il pubblico accorreva in massa, entusiasta, ad ascoltare ogni nuovo campione dell’arte compositiva e interpretativa. Così, il 2 novembre 1830, montato in diligenza, si lasciò per sempre alle spalle l’amata Polonia. Per sempre, sì: inizialmente, in cuor suo aveva pensato ad una tournée della durata di uno o due anni, come si usava in quei tempi; ma una serie di cause importanti (prima fra tutte l’invasione militare russa sofferta dalla sua terra d’origine e in secondo luogo l’enorme successo di pubblico riscosso in Francia) fecero sì che Parigi diventasse la sua seconda e definitiva patria. Vi diede concerti, vi compose e pubblicò musica meravigliosa e infine vi morì, a soli trentanove anni, stroncato dalla tubercolosi.
A Varsavia, città nella quale si riprometteva di fare ritorno una volta concluso il proprio viaggio artistico, Chopin aveva lasciato il suo primo grande amore. Si chiamava Konstancja Gładkowska ed era una allieva di canto lirico con cui aveva frequentato per qualche tempo il Conservatorio. Dirigendosi verso le capitali dell’Europa occidentale, Fryderyk era ben lungi dal poter immaginare che non avrebbe più rivisto l’amata compagna di scuola; in ogni caso, per tenere vivo nel cuore il ricordo di lei durante i mesi di lontananza dal paese natìo, decise di immortalarla fra le pagine di una delle musiche con le quali si sarebbe fatto onore nelle sale da concerto che lo attendevano. Una delle composizioni con cui conquistò Parigi è infatti il Concerto Op. 21 per pianoforte e orchestra, creato a Varsavia nel 1829 e proposto in prima esecuzione al pubblico polacco. Il secondo movimento (Larghetto) di questo capolavoro strumentale, per dichiarazione dello stesso Chopin, che ne scrisse in una lettera ad un amico, è l’evocazione delle virtù canore di Konstancja, nonché dell’appassionato sentimento d’amore provato per lei.
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