Sul finire di una sera di gennaio, seduta su un muretto non lontano da un piccolo locale in cui avevo appena assistito ad un concerto jazz, in mezzo ad una decina di amici e conoscenti delle più svariate nazionalità, mi capitò di sentire queste parole tra il colorato insieme di voci e discorsi in piena, che intrecciando tra loro cadenze e accenti echeggiavano nell’atmosfera notturna della piccola piazza romanica in cui mi trovavo.
A parlare era un ragazzo francese, parte del gruppo, intento a raccontare con orgoglio e tenerezza le ragioni per cui amava la sua città: il meraviglioso capoluogo del dipartimento della Linguadoca-Rossiglione-Midi-Pirenei, capitale culturale dell’Occitania, in cui ho avuto la fortuna di vivere un periodo della mia vita per motivi di studio: Tolosa.
Situata nella vivace Francia meridionale, vicina ai Pirenei e dunque alla Spagna, ne avverte il fascino mediterraneo e spesso e volentieri lo fa suo, soprattutto in campo culinario e musicale.
Quest’ultima è proprio una delle caratteristiche che rendono Tolosa così speciale.
Questa città accoglie infatti decine e decine di pub e cafés associativi che offrono una valida e amata alternativa alle discoteche (che pure esistono e sono frequentate) a quella parte della popolazione – prevalentemente composta da giovani: Tolosa è la seconda città universitaria di Francia dopo Parigi, ma rispetto alla quale ha circa un quarto degli abitanti – che la sera ama bersi un bicchiere semplicemente in compagnia di qualche amico e buona musica.
Una delle particolarità di questi piccoli pub è che ciascuno possiede una personalità propria che traspare dallo stile del locale e dai brani scelti come sottofondo, talvolta tratti dai maggiori successi del rock del secolo scorso (come nel piccolo ma accogliente The Petit London), altre volte da musica spagnola (esemplare il famoso el Borriquito Loco, locale latino in cui ad un certo orario della notte si comincia a ballare sui tavoli) o ancora da musica jazz o swing (Le Filochard, o l’elegante Fat Cat) il tutto incorniciato da un ambiente spesso autenticamente originale.
Ma il vero gioiello sono le numerose esibizioni a cui è possibile assistere, talvolta gratuitamente, di gruppi di musicisti spesso sconosciuti che con i loro brani dal sapore folkloristico e meravigliosamente vintage offrono spettacolo trascinandoti con loro in un’altra epoca (uno dei tanti è La Maison Blanche, il Blind Tiger Bar, e tanti altri).
Per chi non ama questo genere di esperienza, Tolosa ospita un impetuoso teatro in cui hanno luogo costantemente bellissimi concerti di musica classica, ai quali ho assistito più volte approfittando del prezzo vantaggioso dei biglietti previsto per gli studenti.
Insomma, ovunque ci si giri, non si può non incontrare della musica!
Ma non è finita qui!
Come ho accennato all’inizio, Tolosa è la capitale dell’Occitania, ovvero quell’ampia zona della Francia meridionale in cui sino al tardo medioevo si parlava la “lingua d’oc”, antico idioma che scomparve principalmente in seguito ad una crociata mossa contro i catari, fedeli di una confessione cristiana eretica che vivevano proprio nella zona in cui esso si parlava. Fu una carneficina dalle dimensioni talmente spaventose da sterminare un intero popolo e compromettere l’esistenza della sua lingua.
La cosa interessante è che da diversi anni la città di Tolosa sta manifestando un forte senso di appartenenza alle sue origini storiche, e si sta muovendo per cercare di recuperare l’antico dialetto: non solo l’occitanico è compreso nell’elenco dei corsi di laurea della facoltà di Lingue nell’università Mirail – esattamente alla pari di lingue come il tedesco o il giapponese – ma addirittura, sulle targhe che segnano le vie del centro città, il nome della strada è scritto sia in francese moderno che in antico, e così persino in metropolitana, l’altoparlante annuncia la fermata in francese e poi in occitanico.
Personalmente, da un lato mi è sembrata da subito una bella iniziativa quella di voler che una lingua che ha avuto una certa importanza storica non cada nell’oblio, ma potrebbe anche apparire come una forzatura a tutti i costi: spesso i nomi delle fermate della metropolitana o delle vie sono abbastanza “moderni”, e non mi stupirebbe se qualcuno trovasse questo tentativo di traduzione un po’ anacronistico, se non caricaturale.
Non mi è mai capitato di ascoltare delle intere frasi in occitanico, ma posso affermare con certezza che si tratta di una lingua radicalmente diversa dal francese di oggi, molto più dell’italiano di Dante rispetto al nostro.
Inizialmente lo avevo scambiato per spagnolo – che tuttavia non conosco affatto – perché ad un ascolto superficiale mi sembrava molto simile (di fatti pare che questo idioma romanzo abbia dei caratteri comuni al catalano). Per esempio mi accorgevo che venivano pronunciati quasi tutti i finali di parola, e le nasali – caratteristica propria del francese “standard” – mancavano quasi totalmente. Avevo come l’impressione di sentir parlare una voce robotica che sillaba distintamente ogni lettera, con gli iato molto scanditi.
Quindi, dal momento che Tolosa è vicina alla Spagna e la sua influenza è piuttosto marcata, mi ero convinta di trovarmi in una specie di città bilingue.
Ma in tutto ciò, vi chiederete, cosa c’entra la musica?
La parlata degli abitanti della Francia meridionale ha una cadenza molto particolare, che si distingue chiaramente dal francese parigino insegnato comunemente nelle scuole nazionali e all’estero. Queste peculiarità sono da considerare con ogni probabilità un retaggio del francese antico.
La caratteristica principale del francese meridionale di oggi è la tendenza a pronunciare le lettere finali di alcune parole, in particolare la “s” – come in “moins”, che significa “meno”, o in “plus” quando questi significa “più” nel senso di “aggiunta” e non in senso negativo, come nella frase “non ne voglio più”, e soprattutto a livellare i suoni “ai” e “oi” preceduti da consonante nasale, fino a farli diventare una “e” aperta, per esempio in parole come “pain” (= pane) o “coin” (= angolo) che diventano [pen] [kuen].
L’effetto è davvero buffo da sentire, e ogni tanto io e i miei amici ci divertivamo a farne il verso, ma col passare del tempo ci siamo resi conto che persino noi venivamo “contagiati” da questa tendenza linguistica, che mischiata ai nostri spiccati accenti stranieri ha quasi finito per creare un nuovo idioma!
Da alcune chiacchierate con dei tolosani d’oc, ho notato che queste peculiarità linguistiche non sono accettate in maniera unanime dagli stessi nativi: alcuni ne vanno fieri, altri le trovano cacofoniche. Quel che è certo è che è qualcosa che li distingue dai parlanti del parigino stretto, ricchissimo invece di suoni nasali facilmente confondibili tra loro e rigoroso nella non-pronuncia dei finali di parola, il che spesso viene percepito come borioso e aristocratico.
La propensione del francese meridionale a restituire all’oralità anche quei suoni che normalmente compaiono solo allo scritto e la tendenza a rafforzarne altri può piacere o meno, a seconda delle “preferenze auditive” di ciascuno… ad ogni modo, essendo ogni suono potenzialmente ambiguo pronunciato con chiarezza e fino in fondo, questa parlata si priva un po’ di quella “inafferrabilità” e estrema purezza tipiche del parigino, per cercare di dare maggiore espressività e vigore ad una lingua che per quanto splendida è caratterizzata spesso da poca corporeità. La volontà di arrivare sino in fondo a certe parole per renderle riconoscibili, dona non solo una musicalità differente e una vivacità atipica, ma da un certo punto di vista diventa anche emblema della schiettezza e genuinità proprie del carattere dei calorosi abitanti del luogo, noti anche per accompagnare le parole con una gestualità un po’ più spiccata rispetto al resto dell’esagono – proprio come noi italiani!
Insomma, non sono poche le ragioni per cui ritengo che Tolosa sia una città vivace e variegata, musicale in tutto e per tutto. Una città che accoglie ogni anno studenti da tutto il mondo, decine di nazionalità che si mescolano e convivono dando vita con le loro lingue ad una realtà ancora più poliglotta e colorata, ad una piccola e musicale Babele nel sud di questa splendida nazione che è la Francia.