Berlioz, Oscar dell'inganno musicale
Vi sarà sicuramente capitato di ascoltare, di solito a qualche matrimonio o funerale, il famoso e struggente “Adagio” di Albinoni; per esempio è appena stato eseguito al Concerto di Natale dal Senato. Qualcuno potrebbe essersi imbattuto, magari a qualche recital di canto, nel celeberrimo “Se tu m’ami” di Pergolesi. Oppure potrebbe aver versato una lacrima davanti ai sinuosi vocalizzi della “Ave Maria” di Caccini. Tutto molto bello, vero?
Già, tutto molto bello. Se non fosse per un piccolo dettaglio: nessuno dei brani che abbiamo citato qui sopra è autentico. Ebbene sì, ci siamo fatti condurre per mano attraverso una miriade di celebri melodie, per poi scoprire di essere stati presi per i fondelli. Truffati. Fregati. E no, non possiamo chiedere indietro i soldi del biglietto.
L’Adagio di Albinoni? “Completato” da un celebre musicologo, Remo Giazotto, che lo scrisse dichiarando di aver scoperto un frammento del grande maestro. L’Ave Maria di “Caccini”? Beh, tutte quelle settime e none maggiori in effetti insospettiscono; e infatti non siamo a cavallo tra ‘500 e ‘600, ma negli anni ’70 del Novecento. E il presunto Caccini, per gli amici Vladimir Fëdorovič Vavilov, non si è particolarmente impegnato per mascherare l’inganno. Molto più sottile l’astuzia di Alessandro Parisotti, famoso (se fossi uno studente di canto dovrei dire “famigerato”) per aver redatto e arrangiato una monumentale raccolta di arie antiche in cui incluse, bontà sua, anche il Se tu m’ami, spacciandolo per un autentico Pergolesi. In questo caso, se cascate dal pero non fatevene una colpa: siete in compagnia del buon Igor Stravinskij, talmente convinto dell’autenticità da includerlo nel suo balletto Pulcinella.
Di casi simili la storia della Musica ne è piena, naturalmente. Il protagonista del caso che stiamo per raccontare, Hector Berlioz, a parere di chi scrive vince a mani basse l’Oscar dell’inganno musicale, il gran premio delle truffe su pentagramma. Mettiamoci per un attimo nei panni del nostro protagonista: immaginate di essere un compositore talmente innovativo e sconvolgente che qualunque cosa voi componiate viene sommersa di fischi, critiche, recensioni al vetriolo da parte di chi non vi capisce. Non vi sentireste un po’ stufi di essere presi a pesci in faccia? Ecco, appunto.
Berlioz, che non ha dalla sua un carattere particolarmente docile, decide allora di vendicarsi tentando il colpo basso. Nel 1850 compone un brano corale dal titolo “L’adieu des bergers à la Sainte Famille” (che poi entrerà nel suo oratorio l’Enfance du Christ), e per scansare gli strali di un pubblico accecato dal pregiudizio mette in giro un’affascinante storiella. Secondo la versione che Berlioz si premura di diffondere, questa pagina corale sarebbe stata composta nel tardo ‘600, udite udite, da uno sconosciuto maestro della Sainte Chapelle parigina di nome Pierre Ducré, il cui manoscritto miracolosamente ripescato dalle nebbie dell’oblio sarebbe altrettanto miracolosamente finito nelle mani di Berlioz. Manco a dirlo, il pubblico abbocca all’amo, rimane stupefatto per la bellezza di questa pagina e si spertica in lodi per la sensazionale scoperta. A questo punto Berlioz, gongolante per essersi preso la rivincita, getta la maschera e in una lettera del 1853 a Théophile Gautier colpisce duro:
Vi sarà sicuramente capitato di ascoltare, di solito a qualche matrimonio o funerale, il famoso e struggente “Adagio” di Albinoni; per esempio è appena stato eseguito al Concerto di Natale dal Senato. Qualcuno potrebbe essersi imbattuto, magari a qualche recital di canto, nel celeberrimo “Se tu m’ami” di Pergolesi. Oppure potrebbe aver versato una lacrima davanti ai sinuosi vocalizzi della “Ave Maria” di Caccini. Tutto molto bello, vero?
Già, tutto molto bello. Se non fosse per un piccolo dettaglio: nessuno dei brani che abbiamo citato qui sopra è autentico. Ebbene sì, ci siamo fatti condurre per mano attraverso una miriade di celebri melodie, per poi scoprire di essere stati presi per i fondelli. Truffati. Fregati. E no, non possiamo chiedere indietro i soldi del biglietto.
L’Adagio di Albinoni? “Completato” da un celebre musicologo, Remo Giazotto, che lo scrisse dichiarando di aver scoperto un frammento del grande maestro. L’Ave Maria di “Caccini”? Beh, tutte quelle settime e none maggiori in effetti insospettiscono; e infatti non siamo a cavallo tra ‘500 e ‘600, ma negli anni ’70 del Novecento. E il presunto Caccini, per gli amici Vladimir Fëdorovič Vavilov, non si è particolarmente impegnato per mascherare l’inganno. Molto più sottile l’astuzia di Alessandro Parisotti, famoso (se fossi uno studente di canto dovrei dire “famigerato”) per aver redatto e arrangiato una monumentale raccolta di arie antiche in cui incluse, bontà sua, anche il Se tu m’ami, spacciandolo per un autentico Pergolesi. In questo caso, se cascate dal pero non fatevene una colpa: siete in compagnia del buon Igor Stravinskij, talmente convinto dell’autenticità da includerlo nel suo balletto Pulcinella.
Di casi simili la storia della Musica ne è piena, naturalmente. Il protagonista del caso che stiamo per raccontare, Hector Berlioz, a parere di chi scrive vince a mani basse l’Oscar dell’inganno musicale, il gran premio delle truffe su pentagramma. Mettiamoci per un attimo nei panni del nostro protagonista: immaginate di essere un compositore talmente innovativo e sconvolgente che qualunque cosa voi componiate viene sommersa di fischi, critiche, recensioni al vetriolo da parte di chi non vi capisce. Non vi sentireste un po’ stufi di essere presi a pesci in faccia? Ecco, appunto.
Berlioz, che non ha dalla sua un carattere particolarmente docile, decide allora di vendicarsi tentando il colpo basso. Nel 1850 compone un brano corale dal titolo “L’adieu des bergers à la Sainte Famille” (che poi entrerà nel suo oratorio l’Enfance du Christ), e per scansare gli strali di un pubblico accecato dal pregiudizio mette in giro un’affascinante storiella. Secondo la versione che Berlioz si premura di diffondere, questa pagina corale sarebbe stata composta nel tardo ‘600, udite udite, da uno sconosciuto maestro della Sainte Chapelle parigina di nome Pierre Ducré, il cui manoscritto miracolosamente ripescato dalle nebbie dell’oblio sarebbe altrettanto miracolosamente finito nelle mani di Berlioz. Manco a dirlo, il pubblico abbocca all’amo, rimane stupefatto per la bellezza di questa pagina e si spertica in lodi per la sensazionale scoperta. A questo punto Berlioz, gongolante per essersi preso la rivincita, getta la maschera e in una lettera del 1853 a Théophile Gautier colpisce duro:
Dato che siamo in periodo di Natale, ascoltiamoci dunque questo Adieu des bergers di Berlioz, o Ducré, o di chissenefrega. Ok, dopo queste storie di inganni un po’ di diffidenza ci sta; ma ora che siamo arrivati alla fine del racconto possiamo tranquillamente (e finalmente) lasciar cadere ogni sospetto e lasciare che sia la Musica, quella autentica, a parlare.
Marco Facchini
A mali estremi , estremi rimedi.
D’altronde la certezza di qualcosa che sia quella non vi è a questo mondo ,…come Pirandello uno nessuno centomila allora ci proviamo a credere in questo caso nulla toglie all’ascolto alla bellezza del brano ..che sia di uno o dell’altro…. è l’uomo che etichetta ….lasciamo che la musica sia più importante di chi la scritta pseudo o no.